VI Domenica di Pasqua – anno A
«Chi ha i miei comandamenti e chi li osserva, è questi che mi ama».
Come sei buono, mio Dio, a ripeterci senza stancarti ciò che è più importante per le nostre anime… a darci questi principi generali adatti a regolare tutta la nostra vita, questi principi che con una parola illuminano tutta la nostra strada sulla terra e servono da direzione a tutti i nostri passi… Come sei buono a perseguire «fino alla fine», poiché «ci ami», non soltanto fino agli estremi, ma fino all’ultimo minuto e fino a questa notte funebre, il tuo unico scopo, il compimento del tuo solo desiderio («Cosa voglio, se non che si accenda?») di accendere nei nostri cuori questo fuoco dell’amore di Dio che «sei venuto a portare sulla terra!». Lo accendi qui sia gettandoci nell’obbedienza inseparabile dall’amore, sia insegnandoci con una dichiarazione della tua parola infallibile (e senza che abbiamo bisogno di ragionamento per saperlo), che il marchio, il segno, la prova, del perfetto amore per Dio, è la perfetta obbedienza alla sua volontà. Obbediamo a Dio: se l’amiamo, questo ci è non soltanto dolce, non soltanto facile, ma è per noi un bisogno, una necessità… Quando si ama, si ha sete di obbedire, ci si annienta in un’adorazione infinita davanti all’essere amato; si adottano in tutto, ad occhi chiusi, o aperti solo per un’adorazione senza limiti, tutti i pensieri, tutte le volontà, tutti i modi di fare del beneamato; ci si vuole perdere in lui, fondersi in lui, «non vivere più in sé, ma in chi si ama» (san Giovanni della Croce), scomparire in lui; ciascuno di questi bisogni dell’amore, bisogni inseparabili dalla sua natura, racchiudono la perfetta obbedienza, quando l’amore si rivolge al solo essere che si possa amare perfettamente, all’Essere perfetto.
(Traduzione a cura delle Discepole del Vangelo)