III domenica di Avvento
«Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto».
Questa parola non è tua, o Gesù, ma è di un profeta che Tu hai detto essere il più grande sia dei profeti sia dei figli degli uomini, e si può, e si deve considerarla come ispirata dal Tuo Spirito e come parola di Dio… Come sei buono, mio Dio, ad amare tutti gli uomini, Tu che riassumi qui tutti i nostri doveri nel compimento della carità verso il prossimo!… Quanto ami gli uomini, tu che ci tieni a tal punto al fatto che li amiamo e facciamo loro del bene!… Quanto li ami, Tu che esigi solo una cosa per accordare la salvezza: che abbiamo fatto il bene agli uomini in vista di te (Mt 25)[1]; Tu che riassumi così spesso tutta la legge nella carità verso gli uomini; Tu che proprio qui riassumi tutti i nostri doveri nell’elemosina!… Quanto ami gli uomini, o mio Dio, Tu che ci tieni tanto al fatto che li si ami e si faccia loro del bene!… Come li tratti da veri figli e come ti mostri tenero Padre per tutti loro!
Facciamo l’elemosina, non soltanto se siamo ricchi, non soltanto se abbiamo delle scorte, ma non appena abbiamo più di quanto ci è rigorosamente necessario per il momento presente, e il nostro fratello è più povero di noi; non appena abbiamo due vestiti, diamone uno a chi non ne ha; non appena abbiamo del cibo, per quanto poco abbondante, per quanto povero sia, condividiamolo con chi non ne ha; la regola di San Giovanni è precisa e chiara; osserviamola; osservarla alla lettera, nel suo rigore, non è altra cosa del resto dall’osservare il precetto «Ama il tuo prossimo come te stesso»[2]… e il principio «fare per tutti gli uomini ciò che un Padre tenerissimo vuole che i suoi figli facciano gli uni per gli altri».
Questa dottrina è infinitamente lontana da quella del mondo, tanto lontana quanto il cielo lo è dalla terra… È un segno della sua divinità, poiché «L’Occidente non è più lontano dall’Oriente di quanto i miei pensieri sono lontani dai vostri pensieri»[3]… Anche quando lo comprendiamo, la nostra natura lo ripugna, come io so fin troppo bene per la mia umiliante esperienza; questa lotta non è sorprendente, la nostra natura viziata dal peccato è carnale, inclinata verso la terra, essa combatte contro questa dottrina che è tutta spirituale e tutta divina… Più la lotta è grande, più il dovere è grave, più mi occorre il Tuo aiuto, o Gesù che sei nella mia anima. Aiutami, o mio Gesù, Tu che sei in me! O Madre del perpetuo soccorso, prestami, per obbedire al Tuo Figlio, il Tuo aiuto onnipotente e fammi la grazia di chiederlo incessantemente[4]!
[1] Il racconto evangelico del giudizio finale di Mt 25,31-46 è un testo molto caro a Charles de Foucauld. Egli lo cita spesso nelle meditazioni evangeliche e nella sua corrispondenza.
[2] Cfr. Mt 22,39; Mc 12,31; Lc 10,27.
[3] Questa citazione mette insieme Is 55,9 e Sal 102,12.
[4] M/268, su Lc 21,20-36, in C. de Foucauld, Cerco i miei amici tra i piccoli. Meditazioni sul Vangelo secondo Luca, Centro Ambrosiano, Milano 2024, 52-54.