III domenica di Avvento – commento di Teresa
Dal Vangelo di Giovanni (Gv 1,6-8)
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di legare il laccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
In ascolto della Parola
A questo punto dell’avvento c’è chi ha ormai già finito da settimane di addobbare la propria casa…. chi con solo l’albero e le luci, chi con il presepe, chi con folletti e babbi natale che sbucano ovunque. In qualunque modo si abbia deciso di cambiare il proprio spazio quotidiano, in qualunque posto, indipendentemente da come si viva il Natale, si capisce che questo è un periodo dell’anno che è in vista di un momento particolare, di un qualcosa di diverso. Questo ce lo ricorda anche il vangelo di questa domenica: tra i vari impegni e la frenesia della settimana siamo chiamati a qualcosa di importante, ovvero preparare le vie del Signore, perché aspettare il Natale, aspettare Gesù, non significa semplicemente aspettare che il tempo passi, ma fare in modo che questo tempo non passi vano e che non ci colga impreparati.
Forse a volte abbiamo l’idea che possiamo fare cose importanti solo se siamo bravi e abbiamo qualità particolarmente spiccate. Invece la missione di rendere testimonianza della luce perché tutti credessero, viene affidata a Giovanni, quello che noi ricordiamo il Battista, una persona umile e semplice, che non si definisce signore, né quantomeno profeta, bensì voce che grida nel deserto. Mi rendo conto di non aver mai compreso appieno cosa possa voler dire questo rimando al profeta Isaia ed è da giorni che mi interrogo su cosa possa significare. Un possibile suggerimento mi è arrivato un giovedì mattina in autobus, quando una signora di punto in bianco ha iniziato a volermi rendere partecipe della storia della sua vita, incurante del fatto che fossi ancora mezza addormentata. Immagino che possa sembrare che io stia andando fuori tema: cosa dovrebbe c’entrare quest’episodio con il vangelo di oggi?!
Il fatto è che più la conversazione proseguiva più mi accorgevo che quella donna aveva avuto una vita difficile, un concentrato di precarietà e momenti di grande sofferenza, e avrebbe avuto più di qualche motivo per essere triste, frustrata, arrabbiata e delusa, eppure… c’era qualcosa che non permetteva che le sue parole suonassero come una nenia di lamentele. Anzi, era profondamente grata e nonostante tutto quello che le era capitato, mostrava una cosa fuori dal comune: la speranza.
Posso assicurare che questo ingrediente ha cambiato tutto, perché, anche se di per sé è stato un incontro
piuttosto ordinario, quando sono scesa ho sentito che la giornata aveva preso una svolta diversa rispetto al modo in cui era cominciata. Questo mi fa pensare che benedire è un’attitudine che rende luminosi e che quindi non cambia solo noi, perché rischiara anche il cammino delle persone che ci circondano, che hanno la possibilità di sentire che c’è qualcosa di più, qualcosa per cui vale la pena percorrere i deserti di ogni giorno.
Teresa, 20 anni