Discepole del Vangelo

Commento di Charles ai Vangeli del Triduo pasquale – Gv 13,1-15; Gv 18,1-19,42

Giovedì santo

«Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine».

Come sei buono, mio Dio, a continuare la tua opera «di accendere sulla terra il fuoco» dell’amore di Dio, dicendoci e dimostrandoci che Dio ci ama… Niente porta di più ad amare qualcuno se non sapersi amati da lui… Ci porti ad amarti dicendoci (parola di una dolcezza ineffabile) che ci ami e dimostrandocelo con un miracolo d’amore… Ci dici, ci dichiari (soave dichiarazione! Quanto siamo felici!) a due riprese che ci ami: «Avendo amato i suoi» dici una prima volta, e aggiungi: «Li amò fino all’estremo più inaudito»… E dopo questa duplice dichiarazione d’amore, il nostro Dio ci dimostra l’immensità del suo amore, donando se stesso a noi, dono che è la prova che si ama totalmente, senza riserve colui al quale ci si dona totalmente e senza riserve, che si ama con tutto il proprio cuore, con tutto il proprio essere, colui al quale si abbandona, al quale si dona, tutto il proprio essere. O mio Dio, come sei immensamente, infinitamente, divinamente tenero! Sacro Cuore di Gesù, quale abisso d’amore sei! «Cor altum»[1] ti adoro, mi getto in te, consumami.

«Amiamo Dio, poiché ci ha amato per primo». Diamo infine tutto a lui poiché non solamente si è donato una volta per noi, nei dolori del calvario, ma si dona ogni giorno a noi nell’abbraccio di un infinito amore!… Si dona tutto a noi!… Ci dona il massimo che Dio stesso possa dare: Dio stesso non può donarci più di se stesso… e ci dona tutto se stesso, nell’unione più intima, più amorevole, più desiderabile, nel nostro corpo e nella nostra anima; si consegna a noi, si abbandona a noi, interamente, sia con la sua divinità, sia con il corpo e l’anima umani che ha preso per assomigliarci. Ci consegna il tutto e ci dona nel nostro corpo e nella nostra anima il suo corpo e la sua anima, per possederlo interamente, in un possesso perfetto, senza misura e senza fine.

O Cuore di Gesù, infiammami affinché ti riceva bene quando ti ricevo così e affinché bruci sempre dal desiderio di riceverti [2]!


[1] «Cuore immenso».

[2] M/479, su Gv 13,1, in C. de Foucauld, L’imitation du Bien-Aimé, 204-205; tr. it., “Stabilirci nell’amore di Dio…”, 151-155.


Venerdì santo

«Sono nato e sono venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità… Non lui, ma Barabba».

Come sei buono, mio Dio, a sforzarti in ogni occasione di fare del bene alle anime! Non rispondi nulla ai giudici quando si tratta di difenderti; ma parli loro dettagliatamente e con bontà quando c’è motivo di provare a convertirli… Come sei buono, mio Dio, a soffrire per l’amore nostro (poiché tutto ciò che fai quaggiù, lo fai sia per la gloria di Dio, per giustizia, sia per il nostro bene, per bontà e amore nostro) tanti obbrobri: trascinato legato per le strade della città, condotto di tribunale in tribunale, carico di accuse, di ingiurie e di colpi, coperto di vociferazioni dalla plebaglia, messo al di sotto di un brigante!

Cerchiamo in tutto, sempre, di fare del bene alle anime; ma per questo, prima di tutto, santifichiamo noi stessi: non dimentichiamo che non possiamo fare alcun bene agli altri se non a condizione di essere santi noi stessi. Se siamo santi, faremo naturalmente e necessariamente del bene alle anime, anche senza azione apparente verso di loro, come ne fece loro santa Maddalena alla Sainte-Baume, Giuseppe a Nazareth; se non siamo santi, tutti i nostri sforzi, per quanto grandi siano, non potranno produrre ombra di bene. Per donare, bisogna avere; per rendere santi, bisogna esserlo; affinché Dio doni alle nostre opere interiori o esteriori questa benedizione che sola le rende feconde, bisogna amarlo, meritare questa benedizione con il nostro amore, amore nel quale consiste la santità. Rendiamo testimonianza alla verità, non dicendola sempre a tutti, spesso si può e si deve tacerla; Gesù la tace spesso: tace davanti a Erode; dice «Non gettate le vostre perle ai porci»; dice: «Non vi dico questo ora, lo Spirito ve lo dirà più tardi»; ma quando bisogna dirla, diciamola come lui senza timore, senza esitazione; come Nostro Signore dice ai Pontefici che è il Messia, a Pilato che è re… Riceviamo con gioia, benedizione, riconoscenza, amore, ogni disprezzo, ogni sdegno, ogni umiliazione, ogni cattiva parola e ogni cattivo trattamento, sull’esempio di Gesù, offrendogli amorevolmente questo sacrificio, felici di poterglielo offrire e desiderando di offrirgliene sempre e sempre di più [1] .


[1] M/510, su Gv 18,24-40, in C. de Foucauld, L’imitation du Bien-Aimé, 268-269; tr. it., “Stabilirci nell’amore di Dio…”. Meditazioni sul vangelo di Giovanni, ed. A. Fraccaro, Glossa, Milano 2009, 303-307.