Trentaduesima domenica del Tempo Ordinario B
L’obolo della vedova…
Come sei buono, mio Dio, ad accettare così i doni dei poveri, non soltanto ad accettarli, ma, quando si dona tutto quello che si ha, a dichiararli superiori a quelli dei ricchi, che pur donando molto, non donano tutto ciò che hanno per vivere… come sono dolci le tue parole per i poveri, mio Dio, poiché rendi loro possibile, facile, dare quanto i più ricchi… E queste parole, come tante altre, tendono a svuotarci da tutto il creato, a distaccarci da tutto ciò che non sei tu per farci amare unicamente te, o mio Dio!… Infatti, se i più poveri possono dare quanto i più ricchi, e se le ricchezze non hanno altro vantaggio che poter fare l’elemosina, a che cosa servono? Fai perdere ad esse, proprio con queste tue parole, quest’unico vantaggio: non sono dunque utili assolutamente a niente. (E infatti: 1° Dio infinitamente ricco, se vuole fare del bene materialmente ai poveri, può farlo senza di noi… mentre noi al contrario, non possiamo farlo senza di lui; 2° noi stessi, con la preghiera, possiamo alleviare i bisogni materiali del prossimo molto più che con qualsiasi altro mezzo, poiché con la preghiera attingiamo ai tesori inestinguibili di Dio).
Diamo, come la vedova, tutto ciò che abbiamo per vivere… Siamo generosi… diamo tutto per Dio… Dio ci restituirà nella misura che ci occorre; ce lo ha promesso: «cercate il regno di Dio e la sua giustizia e il resto vi sarà dato in sovrappiù»[1]… abbiamo fede: diamo tutto ciò che Dio vuole che doniamo, senza limiti, senza misura… per obbedienza alla sua volontà… per amore per fare ciò che Gli piace, prima di tutto… in spirito di fede, convinti che Dio, a motivo della parola che ci ha dato, non può mancare di darci tutto quello che ci occorre nella misura in cui ci occorre (non sempre forse nella misura più gradita per il nostro corpo, ma sempre nella misura più vantaggiosa per la nostra anima)… Siamo dunque generosi! Diamo come la vedova, senza esitare, tutto quello che abbiamo, «tutto ciò che abbiamo per vivere»: lo abbiamo ricevuto da Dio solo… Dio lo richiede, e noi non lo doneremmo? Doniamolo generosamente, come lo dona lei… Anche se Dio non ce lo restituisse, anche se morissimo di fame per averlo donato, felici, saremo felici, di morire di fame per aver fatto quello che chiedeva a noi l’amore di Gesù, per aver obbedito al nostro Beneamato… Se moriamo di fame per questo, se soffriamo per questo, moriremo per puro amore, soffriremo per puro amore: che cosa ci può succedere di più felice? «Felici, felici mille volte le carmelitane di San Giuseppe d’Avila, se morissero per un tale motivo» diceva santa Teresa alle sue figlie… E infatti, morire, soffrire per l’amore del Beneamato, cosa c’è di più fortunato… Siamo dunque generosi, generosi senza misura, poiché questa generosità, quando è secondo la volontà di Dio, può solo, sia nella vita, sia nella sofferenza, sia nella morte, portarci il più dolce dei beni, l’unione a Gesù nel Suo amore, il compimento della volontà del Beneamato, il compimento di ciò che piace al Beneamato…
E non abbiamo l’ombra di stima per i beni terreni, non cerchiamoli in nulla: Dio è più ricco di noi, non ha bisogno di noi per fare l’elemosina ai poveri; quello che acquistiamo ci è donato soltanto da Lui, gli è tanto facile darlo direttamente ai poveri quanto darlo loro con le nostre mani… d’altronde con le nostre preghiere possiamo alleviare gli sfortunati, i poveri, mille volte di più che con le ricchezze materiali, poiché con esse attingiamo alle ricchezze infinite di Dio… Il più povero solitario, un Paolo eremita, può con le sue preghiere diffondere più consolazioni ed elemosine sulla terra dei più ricchi sovrani… Come santa Teresa, con le sue sole preghiere, ha convertito, si dice, tante anime quante san Francesco Saverio con il suo apostolato…
Non cerchiamo dunque i beni materiali, non diamo ad essi alcuna stima: cerchiamo il solo amore di Dio, la santità, «il regno di Dio e la sua giustizia»… e siamo sicuri che faremo in questo modo il più grande bene possibile, persino materialmente, al prossimo.[2]
[1] Cfr. Mt 6,33.
[2] M/408, su Lc 20,45-21,4, in C. de Foucauld, Cerco i miei amici tra i piccoli. Meditazioni sul Vangelo secondo Luca, Centro Ambrosiano, Milano 2024, 267-269.ucauld, Fammi cominciare una nuova vita. Meditazioni sui Vangeli secondo Matteo e Marco, Centro Ambrosiano, Milano 2024, 227-228.