Discepole del Vangelo

Commento di Charles al Vangelo di domenica 3 novembre – Mc 12,28b-34

Trentunesima domenica del Tempo Ordinario B

«Ama Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutto il tuo spirito, con tutte le tue forze; ecco il primo comandamento»…

Mio Dio, come sei buono a darci come primo, come il più importante di tutti i comandamenti, quello più dolce che proprio Tu, o mio Dio, nella Tua saggezza e nella tua Onnipotenza, potevi inventare e dare… Permetterci di amarTi, Essere infinitamente pieno di grazia e l’amabilità stessa, sarebbe già la grazia delle grazie e il favore dei favori; ma ordinarcelo, molto più, ordinarcelo sotto le pene più severe, pene terribili ed eterne, Gesù, mio amore, è da parte Tua il più grande amore, è da parte Tua ciò che c’è di più sovrumano, di più celeste, di più divino in amore!… Sì, Beneamato Gesù, che sei Dio, non potresti trovare niente di più dolce, di più tenero, di più soave, di più pieno di bontà, di più amorevole che dare questo comandamento di amarTi con tutto il nostro essere sotto pena delle più terribili punizioni! Grazie, grazie, grazie, con tutto il mio essere, grazie!

Amiamo Dio con tutto il nostro cuore; cioè: 1° con tutta la nostra volontà vogliamo il bene di Dio; dimentichiamo radicalmente noi stessi e vogliamo, cerchiamo solo una cosa al mondo, agiamo, parliamo, pensiamo solo in vista di una cosa al mondo: il bene di Dio (cioè la manifestazione della gloria di Dio); 2° poiché per volontà di Dio il desiderio della nostra propria felicità è necessariamente e involontariamente legato alla nostra natura, mettiamo la nostra stessa felicità solo nella felicità del nostro Beneamato, amiamoLo abbastanza da dimenticare noi stessi e trovarci perfettamente felici poiché Dio è perfettamente felice (come i Santi e gli angeli); 3° poiché per volontà di Dio il desiderio, il bisogno dell’unione è necessariamente e involontariamente legato all’amore, desideriamo sempre essere uniti a Dio in tutti i modi possibili, sia con l’amore del nostro cuore, sia con l’amore del Suo [cuore] per noi (cioè con la grazia santificante, con lo stato di grazia), sia con la nostra santificazione (che aumenta il Suo amore per noi e il nostro per Lui), sia con la nostra conformità alla Sua volontà, sia con la nostra perfetta imitazione della Sua vita interiore ed esteriore (l’imitazione è uno dei gradi dell’unione), sia con la nostra obbedienza alla Sua volontà, sia con il Suo possesso nella Santa comunione, sia con la conoscenza della Sua vita e della Sua dottrina, sia con il nostro amore per tutto ciò che egli ha amato (per tutti gli uomini e per la Chiesa soprattutto), e con la visione di Lui in cielo…

Amiamo Dio con tutto il nostro spirito; occupando di Lui il nostro spirito continuamente, contemplandoLo continuamente, per quanto possibile (la perfezione in questo è del cielo, non della terra, ma dobbiamo cercare di avvicinarci il più possibile), e applicando la nostra intelligenza a conoscere e a fare la Sua volontà il più perfettamente possibile (la Sua volontà è necessariamente «il Suo bene», «la manifestazione della Sua gloria»)… Amiamo Dio con tutta la nostra anima facendo ogni nostro sforzo per rendere la nostra anima il più conforme possibile alla Sua (abbellirla delle stesse virtù, metterci gli stessi sentimenti, gli stessi desideri, le stesse gioie e le stesse pene, riempirla degli stessi pensieri, degli stessi modi di vedere, degli stessi gusti… In una parola rendere la nostra anima, la nostra vita interiore il più conforme possibile a quella del nostro divino Sposo)…

Amiamo Dio con tutte le nostre forze, con tutto il nostro essere, con tutte le nostre facoltà, con tutta la forza che c’è nella nostra anima e nel nostro corpo (il nostro corpo lavori alla manifestazione della gloria di Dio come il corpo di Gesù vi ha lavorato; sia consacrato unicamente a questo, serva unicamente a questo solo fine; digiuni, vegli, soffra, si stanchi, lavori, faccia tutto ciò che glorifica Dio, porti la croce che Dio gli impone, serva in tutti i suoi istanti a glorificare Dio il più possibile)… Infine il nostro corpo e la nostra anima tutta intera, il nostro essere tutto intero, sia impiegato durante tutti gli istanti della sua esistenza unicamente al solo e unico fine di «glorificare Dio il più possibile» (o, che è lo stesso, di procurare «il bene di Dio», di «compiere la volontà di Dio», di «procurare la manifestazione di Dio» per quanto ci è possibile).[1]

«Ama il prossimo tuo come te stesso»…

Come ci ami, mio Dio, come ami tutti gli uomini! Tu che dai come secondo comandamento, come comandamento più importante dopo quello di amarTi, il comandamento di amare tutti gli uomini!… Li ami a tal punto che la cosa che prescrivi con più forza, dopo amare Te stesso, è di amare loro!… Mio Dio, Ti era forse possibile, Tu che sei Dio, mostrare quanto ami gli uomini in modo più evidente, più forte e più soave di quanto fai dichiarando in modo così forte che, dopo il dovere di amarTi, il dovere che ci imponi più rigorosamente, più severamente, è di amare tutti gli uomini?

Amiamo tutti gli uomini come amiamo noi stessi… In effetti, per amare gli altri abbiamo esattamente gli stessi motivi che per amare noi stessi; da questi stessi motivi deve nascere uno stesso effetto… Ben al di sopra di tutti i motivi di bontà, di bellezza, di perfezione personale che possono farci amare gli uomini, dei motivi di parentela, di conoscenza, di gratitudine, di tutti i motivi che provengono dai sensi, molto più potenti di essi sono i motivi di amare gli uomini che vengono dalle loro relazioni con Dio; e questi ultimi motivi sono la maggior parte gli stessi per tutti gli uomini; tre tra i principali sono: 1° Dio, Padre di tutti gli uomini, li ama tutti con un amore estremo, e vuole veder regnare tra tutti loro la stessa tenerezza, lo stesso affetto, la pace e l’unione che ogni padre molto tenero vuole veder regnare tra i suoi figli; 2° tutti gli uomini sono membra del Cristo, come se facessero parte del suo corpo, sia come materia prossima, sia come materia remota e, di conseguenza, tutti sono una porzione di Gesù, sono qualche cosa di Gesù, sono una parte di Gesù; 3° Gesù è morto per tutti gli uomini, ciascuno rappresenta il prezzo del suo sangue e deve apparirci coperto del suo sangue come di un mantello… Tutti questi motivi investono tutti gli uomini, senza eccezione, di una dignità incomparabile, li rendono un oggetto sacro, santo, venerabile, degno di un amore estremo, di un religioso rispetto, di un vero culto…

Accanto a queste relazioni con Dio che rendono tutti gli uomini ugualmente sacri, amabili e venerabili, ci sono altre relazioni con Dio che, aggiungendosi alle prime, danno ad alcuni tra loro un carattere ancora più illustre; sono quelle che distinguono i cristiani e soprattutto i cattolici, e soprattutto quelli che si accostano spesso al sacramento dell’Eucaristia, e in primo luogo i sacerdoti, e tra tutti il sovrano pontefice… Tutti i battezzati sono fratelli di Gesù e suoi coeredi a un titolo tutto speciale; tutti i cattolici vivono della vita dello Spirito Santo che anima la Chiesa… Quelli che ricevono la Santa Eucaristia sono santi come dei tabernacoli e delle sante pissidi… I preti, i vescovi e soprattutto il Sovrano Pontefice sono in un modo tutto particolare i rappresentanti di Dio sulla terra… Dobbiamo amare tutti gli uomini come noi stessi; ma alcuni, come si vede, meritano, a causa delle loro relazioni particolarmente strette con Dio, un amore e una venerazione maggiori rispetto agli altri… sebbene tutti ne meritino una [venerazione] per così dire infinita, per il secondo motivo che abbiamo indicato, quello che ci fa vedere in tutte le membra di Gesù delle parti del Suo Corpo, delle parti di Lui stesso.[2]


[1] M/232, su Mc 12,18-30, in C. de Foucauld, Fammi cominciare una nuova vita. Meditazioni sui Vangeli secondo Matteo e Marco, Centro Ambrosiano, Milano 2024, 234-236.

[2] M/233, su Mc 12,31, in C. de Foucauld, Fammi cominciare una nuova vita. Meditazioni sui Vangeli secondo Matteo e Marco, Centro Ambrosiano, Milano 2024, 236-238.na nuova vita. Meditazioni sui Vangeli secondo Matteo e Marco, Centro Ambrosiano, Milano 2024, 227-228.