Diciannovesima domenica del Tempo Ordinario B
«Il pane che vi darò è la mia carne».
Mio Dio, come sei divinamente buono! Ci «ami fino alla fine»… Fino alla fine del tuo infinito amore e della tua infinita potenza, sembra, se ciò fosse possibile… Ci doni tutto ciò che sei, umanità, divinità, la tua divina persona, la tua duplice natura, tutto intero tu entri in noi, nel nostro corpo, nella nostra bocca, tutto intero ti unisci alla nostra anima… Unirsi, è l’ideale dell’amore… Unirsi al punto da avere in sé, completamente in sé, il Beneamato, è ciò che l’amore può intravedere di più fortunato… L’amore umano non può nemmeno immaginarne la possibilità; si perde e si consuma in aspirazioni impotenti, ma, come dice Bossuet, «Ciò che è impotenza nell’amore umano è realtà nell’amore divino»… «Defecit in te anima mea»[1]. Quanto siamo felici, mio Beneamato! A meno dell’impossibilità, a meno della volontà di Dio, chiaramente espressa e che ce ne impedisce, non manchiamo mai di ricevere la santa Comunione… Non perdiamo mai una comunione per colpa nostra, per nostra negligenza, per nostra mollezza, per nostra volontà… Se Dio ce ne allontana, sottomettiamoci amorevolmente a questa privazione del più dolce dei beni, come a tutto; ma per nostra volontà, non perdiamo mai una comunione! E poiché questo atto divino della santa Comunione glorifica tanto Dio, sforziamoci sia con le nostre preghiere sia, quando Dio ce ne dà la missione, con le nostre opere, di portare le altre anime a ricevere il buon Dio tanto spesso quanto egli lo vuole da loro.[2]
[1] «La mia anima viene meno [in te, n.d.t.]».
[2] M/449, su Gv 6, 41-52, in C. de Foucauld, L’imitation du Bien-Aimé, Méditations sur les Saints Évangiles (2), Nouvelle Cité, Montrouge 1997, 166; tr. it., “Stabilirci nell’amore di Dio…”. Meditazioni sul vangelo di Giovanni, ed. A. Fraccaro, Glossa, Milano 2009, 57-59.