XV domenica del Tempo Ordinario – anno A
Poiché non abbiamo il Commento di Charles de Foucauld al capitolo 13 del Vangelo di Matteo, riportiamo una parte della Meditazione al Salmo 85, previsto dalla liturgia di questa stessa domenica.
Mio Dio, bisogna dirti grazie di tutte le parole di questi ultimi versetti, perché tutte ci descrivono i benefici infiniti: ci parlano della tua incarnazione, e delle grazie di cui essa ha «inebriato» la terra, è la parola di cui si serve lo Spirito Santo, e che è vero! «Esaudiscici Signore, nostra salvezza»: sì, nostro salvatore, nostro redentore, nostro così dolce Gesù! «La speranza del mondo intero fino ai suoi estremi confini e fino ai mari più lontani»: sì, è sotto questo nome che tu eri annunciato da Giacobbe, o beneamato Gesù, «le nazioni spereranno in lui», aveva detto; sì tu sei certamente la speranza di tutti gli uomini: non appena sei apparso la luce divina ha illuminato il mondo intero. «tu che fai le montagne nella tua forza e che sei cinto di onnipotenza; tu che turbi le profondità del mare e fai muggire le sue onde»: o te così grande e così potente, Creatore e Maestro sovrano di tutto! «I Gentili si turberanno e le nazioni più lontane temeranno alla vista dei tuoi miracoli»: ti farai conoscere e ti farai temere Dio con i tuoi prodigi e quelli dei tuoi discepoli… Colmerai ogni istante dell’anno di benedizioni della tua bontà: i tuoi campi si copriranno di messe…»: sì, mio Dio, prepari la terra con la tua grazia, sì la tua grazia la inonda e riempie le anime come un’acqua straripata riempie i canali di un giardino; sì la tua grazia la impregna come una rugiada, e sotto la sua azione le anime sorridono alle tue bellezze, germogliano di virtù, si coprono di fiori e di frutti. «I deserti stessi diventano ridenti e fertili ; le colline si coprono di una gioiosa parure.» Le anime più secche, più aride, più vuote di virtù, più buie, più sporche, più desolate, sotto la tua azione, o dolce Gesù, si coprono di fiori come si vede farlo di aridi deserti dopo una pioggia primaverile; e il cuore che non sembrava che una collina di pietre, senza ombra di vita, ci fai germogliare e apparire verdi pascoli, la vita, il bene, la speranza… Diciamo spesso questo salmo ringraziando con tutta la nostra anima Nostro Signore della nostra vocazione, della sua incarnazione, dei benefici infiniti della sua grazia in noi e in tutti gli uomini, e in particolare, io che sono un peccatore convertito, di ciò che degnato tanto di irrigare questo deserto così sterile, così spaventoso, così sporco e non dico trarne frutti, ahimè, ma almeno farne rinascere la vita e l’erba verde della speranza! Ringraziamo, ringraziamo senza fine! «Diciamo un inno al Signore!» Che queste parole, le prime e le ultime del salmo, siano il grido del nostro cuore. E « diciamo un inno al Signore in Sion», nella sua casa, nella casa che gli è consacrata dalla Chiesa, nel suo monastero, sotto l’abito che vuol dire che siamo completamente suoi, sotto l’abito che la Chiesa ci dona nel suo nome per dirci che gli apparteniamo, in Sion, ai piedi del suo tabernacolo, sotto il suo tetto, il suo proprio tetto che degna fare il nostro ammettendoci, come uno dei suoi figli, a donarci a lui in uno dei suoi monasteri, monasteri che gli appartengono così particolarmente, e con le leggi della sua Chiesa, poiché le si chiama «Beni di Chiesa». Mio Dio fatemi sempre «cantare un inno al Signore in Sion!»
(Traduzione a cura delle Discepole del Vangelo)