Ventesima domenica del Tempo Ordinario B
«Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo, non avrete la vita in voi».
Come sei buono, mio Dio, a fare per noi un precetto così severo della cosa del mondo che è per noi la più dolce!… Come sei buono, fedele al tuo disegno di «accendere un fuoco sulla terra», di prendere, istituendo la santa Eucaristia e ordinandoci in modo così forte di riceverla e di riceverla spesso, un mezzo così forte per unirci a te con l’amore, per stabilirci nel tuo amore!… Unirci a te con la santa comunione, unirci a tal punto al tuo cuore che batte qualche istante in noi, al tuo corpo che è qualche istante nel nostro corpo, alla tua anima che si trova qualche istante nel nostro corpo con la nostra anima, cosa di più adatto, mio Dio, ad «accendere in noi questo fuoco» dell’amore divino che sei venuto a portare sulla terra? O mio Gesù, come non ameremmo Dio, quando l’ami tu stesso in noi così spesso? Come non ameremmo Dio, quando la sorgente di ogni perfezione e di ogni amore si unisce a noi così strettamente?… Quando Dio stesso si stringe a noi, entra in noi, così teneramente, così soavemente, così beatamente!… Sì, sempre più, in questo quarto Vangelo, ci stabilisci nel tuo amore con la vita di fede, l’obbedienza, la santa Eucaristia, dopo averci preparato, negli altri tre, con il distacco, il vuoto di tutti i godimenti sensibili.
Facciamo la comunione tanto spesso quanto possiamo; non facciamo la comunione, se non quando c’è impossibilità materiale o abbiamo la certezza, in coscienza, che la volontà di Dio è che non facciamo la comunione. E cerchiamo, con i mezzi che Dio ci dà, seguendo la missione che riceviamo da lui, di fare che il più grande numero di anime possibile riceva la santa comunione tanto spesso quanto Dio lo chiede a loro.[1]
«Come io vivo per il Padre mio, così chi mi mangia vive per me».
Come sei buono, mio Dio, e che parola infinitamente dolce!… «Vivere per te», vivere di te, della tua ispirazione, vivere non più della nostra vita naturale, ma della tua vita divina, vivere in tal modo che possiamo dire come san Paolo: «Non sono più io che vivo, è Gesù che vive in me»… Ecco la vita che produrrà in noi la santa comunione, se la riceviamo degnamente, ecco l’effetto che deve produrre, ecco ciò a cui ci inviti, ecco ciò che vuoi stabilire in noi ordinandoci di fare la comunione spesso… Come sei buono, mio Dio!… Come sei buono, non solamente a donarti a noi nella santa comunione, ciò che è già una grazia senza pari e senza nome, ma ancora a ordinarci di riceverla spesso, e infine, per portare al culmine bontà che sembrano non poter essere aumentate (a Dio tutto è possibile), a insegnarci l’effetto che produrrà in noi, un effetto così divino che deve essere l’oggetto di tutti i nostri desideri, di tutte le nostre preghiere, che basta a fare sì che facciamo in tutto ciò che è più perfetto, che glorifichiamo Dio tanto quanto lo vuole da noi, che facciamo in tutto la sua volontà, che gli piacciamo in ogni istante per quanto ci è possibile, questo effetto, è che in noi come in san Paolo, «non siamo più noi che viviamo, ma Gesù che vive in noi»… Mio Dio, come sei buono a perseguire con questa forza, questa costanza, questo scopo così beato per noi «di accendere un fuoco sulla terra», di accendere in tutti gli uomini il fuoco dell’amore di Dio! Con quale gioia ci stabilisci nell’amore divino con la santa Eucaristia, poiché con essa fai che «non siamo più noi che viviamo in noi, ma Gesù che vive in noi». È l’amore perfetto che stabilisci nei nostri cuori con la santa Eucaristia… Donandocela, «ci ami sino alla fine», non soltanto perché ci ami fino all’eccesso più incomprensibile, più sovrumano, più divino, ma addirittura perché ci ami fino a produrre l’effetto, fino a raggiungere lo scopo, «il fine» che persegui con tutte le tue parole, tutti i tuoi esempi, cioè, lo stabilirsi nei nostri cuori l’amore di Dio al di sopra di tutto… Quanto meravigliosamente raggiungi «questo fine» con la santa Eucaristia, poiché con essa, come ce lo dici qui, «non siamo più noi che viviamo, è Gesù che vive in noi», «viviamo per Gesù, come egli vive per il Padre suo!». Chiediamo senza sosta a Dio di compiere in noi questo «fine» dei suoi insegnamenti, delle sue parole, dei suoi esempi, questo fine della santa Eucaristia stessa, questo fine che contiene ogni perfezione possibile e che consiste nel fatto che «non siamo più noi che viviamo in noi, ma Gesù che vive in noi». Sia la nostra preghiera, il nostro desiderio di ogni ora, in vista di Dio, in vista della sua gloria… E chiediamola per tutti gli uomini come per noi stessi in vista di Dio.[2]
[1] M/450, su Gv 6, 53-54, in C. de Foucauld, L’imitation du Bien-Aimé, Méditations sur les Saints Évangiles (2), Nouvelle Cité, Montrouge 1997, 167-168; tr. it., “Stabilirci nell’amore di Dio…”. Meditazioni sul vangelo di Giovanni, ed. A. Fraccaro, Glossa, Milano 2009, 61-63.
[2] M/451, su Gv 6, 55-58, in C. de Foucauld, L’imitation du Bien-Aimé, Méditations sur les Saints Évangiles (2), Nouvelle Cité, Montrouge 1997, 168-169; tr. it., “Stabilirci nell’amore di Dio…”. Meditazioni sul vangelo di Giovanni, ed. A. Fraccaro, Glossa, Milano 2009, 65-67.