Solennità di Cristo Re dell’universo – 34a domenica del Tempo Ordinario B
«Sono nato e sono venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità… Non lui, ma Barabba».
Come sei buono, mio Dio, a sforzarti in ogni occasione di fare del bene alle anime! Non rispondi nulla ai giudici quando si tratta di difenderti; ma parli loro dettagliatamente e con bontà quando c’è motivo di provare a convertirli… Come sei buono, mio Dio, a soffrire per l’amore nostro (poiché tutto ciò che fai quaggiù, lo fai sia per la gloria di Dio, per giustizia, sia per il nostro bene, per bontà e amore nostro) tanti obbrobri: trascinato legato per le strade della città, condotto di tribunale in tribunale, carico di accuse, di ingiurie e di colpi, coperto di vociferazioni dalla plebaglia, messo al di sotto di un brigante!
Cerchiamo in tutto, sempre, di fare del bene alle anime; ma per questo, prima di tutto, santifichiamo noi stessi: non dimentichiamo che non possiamo fare alcun bene agli altri se non a condizione di essere santi noi stessi. Se siamo santi, faremo naturalmente e necessariamente del bene alle anime, anche senza azione apparente verso di loro, come ne fece loro santa Maddalena alla Sainte-Baume, Giuseppe a Nazareth; se non siamo santi, tutti i nostri sforzi, per quanto grandi siano, non potranno produrre ombra di bene. Per donare, bisogna avere; per rendere santi, bisogna esserlo; affinché Dio doni alle nostre opere interiori o esteriori questa benedizione che sola le rende feconde, bisogna amarlo, meritare questa benedizione con il nostro amore, amore nel quale consiste la santità. Rendiamo testimonianza alla verità, non dicendola sempre a tutti, spesso si può e si deve tacerla; Gesù la tace spesso: tace davanti a Erode; dice «Non gettate le vostre perle ai porci»; dice: «Non vi dico questo ora, lo Spirito ve lo dirà più tardi»; ma quando bisogna dirla, diciamola come lui senza timore, senza esitazione; come Nostro Signore dice ai Pontefici che è il Messia, a Pilato che è re… Riceviamo con gioia, benedizione, riconoscenza, amore, ogni disprezzo, ogni sdegno, ogni umiliazione, ogni cattiva parola e ogni cattivo trattamento, sull’esempio di Gesù, offrendogli amorevolmente questo sacrificio, felici di poterglielo offrire e desiderando di offrirgliene sempre e sempre di più [1].
[1] M/510, su Gv 18,24-40, in C. de Foucauld, L’imitation du Bien-Aimé, 268-269; tr. it., “Stabilirci nell’amore di Dio…”. Meditazioni sul vangelo di Giovanni, ed. A. Fraccaro, Glossa, Milano 2009, 303.305.307.