II domenica di avvento – anno A
«Ed Egli diceva: Fate penitenza, perché il regno dei cieli è vicino».
«Fate penitenza». È la prima parola della predicazione di S. Giovanni, ed è anche la prima parola della predicazione di N. Signore, secondo i SS. Vangeli.
Quando N. Signore manderà i suoi apostoli a fare i loro primi saggi di predicazione, è ancora così che dirà loro di cominciare: «Predicate la penitenza e l’avvicinarsi del regno di Dio», dirà loro.
La penitenza occupa dunque un grandissimo posto nella nostra vita. Deve essere, sembra, il fondamento di tutta la nostra vita spirituale. È ciò che sembra indicare questa costanza nell’introdurre tale parola all’inizio di ogni predicazione. In che cosa consiste? Deve essere veramente il fondamento di tutta la nostra vita spirituale? In quale misura la si deve praticare? Per quanto tempo la si deve praticare?…
Mio Signore Gesù, tu che hai gridato così forte «penitenza» e che l’hai fatto gridare davanti a te dal tuo Precursore, e dopo di te dai tuoi apostoli, rispondi a queste domande. Illuminami e fammi conoscere ciò che vuoi che io sappia riguardo alla penitenza che vuoi veder occupare un così grande posto nella nostra esistenza.
1° Che cos’è la penitenza?… La penitenza, comprende, sembra, parecchie cose: in primo luogo il dispiacere delle colpe, poi l’umile richiesta di perdono, poi una soddisfazione, un’opera riparatoria, in seguito il fermo proposito di non commetterle più, infine la vigilanza su di sé per non cadervi più.
2° La penitenza dev’essere il fondamento di ogni vita spirituale tra gli uomini? Il primo dovere di ogni peccatore, è il dispiacere dei peccati accompagnato da tutto ciò che fa parte di una vera contrizione; ora questo dispiacere e queste opere che lo accompagnano, è precisamente la penitenza; quindi il primo dovere di tutti gli uomini, eccetto la sola B.V. Maria, è la penitenza.
Per tutti gli uomini, eccetto la sola S. Vergine, la penitenza è dunque il fondamento di tutta la vita spirituale… In quale misura la si deve praticare? Nella misura
1°) del dispiacere che si deve avere delle proprie colpe,
2°) del fervore con il quale si deve chiedere perdono,
3°) della grandezza della riparazione che è dovuta,
4°) della forza con la quale ci si deve proporre di non peccare più,
5°) della vigilanza che si deve avere per non peccare più.
Ora, la misura di questo dispiacere, di questo fervore, di questa riparazione, di questa forza, di questa vigilanza, è la misura sia dell’amore che si deve all’offeso sia della dignità di questo offeso, sia dell’ingiustizia che c’è nell’averlo offeso; ora, questo amore, questa dignità, questa ingiustizia, sono tutti e tre supremi, al di sopra di tutto, grandi il più possibile, senza misura, infiniti: quindi tutti dobbiamo praticare (quelli che hanno meno peccati, come quelli che hanno peccato di più, poiché un solo peccato, per quanto piccolo sia, commesso contro l’amabilità infinita e la dignità infinita, costituisce un’ingiustizia infinita), tutti dobbiamo praticare, eccetto la sola S. Vergine, la penitenza nella più grande misura possibile, in una misura che si avvicina per quanto possiamo all’infinito, senza misura da parte nostra, come l’amore dovuto a Dio, la sua dignità e l’ingiustizia che c’è nell’offenderlo, sono senza misura, assolutamente senz’altra misura che la sola volontà di Dio; alla sola volontà di Dio appartiene mettere una misura a ciò che di diritto deve essere senza misura…
Quanto tempo si deve praticare la penitenza? Tutta la vita, poiché, come si è appena detto, si deve una penitenza senza misura, tanto grande quanto è possibile, come tempo e come intensità, una penitenza per quanto è in nostro potere senza fine come sono senza fine, infinite, l’ingiustizia dell’offesa, la dignità dell’offeso, e l’amore che gli è dovuto; tutta la vita, poiché come tempo e come intensità, appartiene alla sola volontà di Dio, mettere una misura a ciò che di diritto è senza misura.
(Traduzione a cura delle Discepole del Vangelo)